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Le aperture: porte e finestre


La dominante della massa costruita sui “vuoti” rappresenta un segno costante nel linguaggio edilizio mediterraneo e, proprio per questa ragione, le bucature acquistano un valore del tutto speciale, essendo luogo singolare ed eccezionale della costruzione muraria.

L’architettura degli insediamenti dispersi del Sulcis non costituisce un’eccezione sotto questo profilo: bucature di dimensioni minime e in numero limitato sono una cifra ricorrente del linguaggio architettonico dei medaus e dei furriadroxius.

Come è prassi nella tradizione costruttiva in muratura le aperture sono strette e le proporzioni riconducibili a schemi quadrati (nelle abitazioni più arcaiche con lato che raramente supera 60 cm), o rettangolari con rapporto fra base e altezza compreso fra 2/3 e 1/2.

La continuità della muratura soprastante l’apertura veniva ripristinata per mezzo di architravi lignei nelle costruzioni più antiche, spesso con l’ausilio di sistemi di scarico quali triangoli ottenuti con due conci a contrasto, oppure con archi di laterizio inseriti all’interno del corpo murario; mentre, più recentemente si è fatto largo uso della struttura spingente realizzata in mattoni crudi, in conci lapidei o in laterizio. Le limitate proprietà di coerenza e monoliticità delle murature in pietra contribuivano a limitare la dimensione delle aperture e di conseguenza a ridurre la luce degli architravi che, in genere, non supera 80 cm.

Nelle costruzioni con muratura lapidea gli stipiti erano solitamente realizzati con cantoni squadrati, con il lato maggiore lungo quanto lo spessore del corpo murario, disposti alternativamente di fascia e di testa, allo scopo di assicurare l’ammorsamento al muro in opera incerta. Tuttavia, nelle case più povere si può ancora riscontrare la soluzione strutturale più elementare per realizzare la bucatura, che consiste semplicemente nell’interrompere il muro in prossimità del vano dell’apertura, senza alcun accorgimento particolare per la predisposizione degli stipiti, e nell’impiego di alcuni tronchi affiancati per tutto lo spessore del muro, di diametro non superiore a 10 cm, come architravi.

Modalità analoghe si riscontrano nelle murature in terra cruda, con un’unica variante significativa relativa ai casi in cui la struttura verticale dell’apertura era interamente costituita con mattoni di terra cruda, sia quando la chiusura superiore veniva realizzata consistemi pesanti (architravi lignei o lapidei), sia spingenti (solitamente piattabande in mattoni crudi).

Le decorazioni dell’imbotte, nei furriadroxius sulcitani, costituiscono un’eccezione, a differenza di altri ambiti regionali in cui, pur all’interno di un quadro di riferimento ispirato alla massima sobrietà ed essenzialità formale, le aperture costituiscono occasione per inserire contenuti di maggior decoro alle abitazioni.

Le essenze lignee impiegate per la realizzazione dei telai fissi e mobili degli infissi sono generalmente il castagno, la roverella e il leccio anche se, molto raramente,in alcuni casi si è riscontrato l’impiego del ginepro.

Le finestre sono munite di scuretti con apertura all’interno, incernierati direttamente sul telaio mobile dell’infisso. Le finestre più arcaiche, di cui ancora si trova traccia in numerose abitazioni storiche, erano sprovviste di vetro e l’infisso costituito da un un’unica anta in tavole di legno, era munito di un piccolo sportellino, a sua volta apribile, disposto al centro oppure su uno dei quattro vertici.

I sistemi di protezione dall’esterno, quando presenti, sono limitati alle poche finestre con affaccio su strada disposte al piano terra, e consistono nell’uso di grate realizzate, generalmente, con piattini o tondini metallici vincolati all’imbotte dell’apertura in completa analogia con altri ambiti mediterranei. La maglia, più o meno fitta, è generalmente quadrata con direttrici orizzontale e verticale, oppure ruotate di 45°.

Nelle case più antiche e povere è ancora possibile trovare grate protettive realizzate con intrecci di piccoli tronchi in legno con un basso grado di lavorazione, con asse non perfettamente rettilineo e sezioni variabili. Sono interessanti, inoltre, i sistemi di chiusura metallici, costituiti da maniglie, pomoli, cerniere, paletti, aste girevoli, perni per il bloccaggio delle ante delle finestre e degli scuretti, sostanzialmente costituiti da piattini sagomati e da tondini pieni di diametro non superiore a 5-6 millimetri, fissati attraverso chiodi e viti, interamente in vista.

Di norma tutte le superfici lignee sono protette da più strati di verniciature e laccature. I colori più utilizzati sono vari toni di verde, celeste, azzurro, grigio e più raramente di amaranto.

Le porte più antiche sono estremamente sobrie: di solito costituite da una sola anta, hanno infisso interamente realizzato con un tavolato e, in alcuni casi, sono munite di uno sportellino apribile, posizionato nella parte superiore, lateralmente o in posizione baricentrica. L’uso della doppia anta, rigorosamente simmetrica, è relativo alle costruzioni più recenti. Fanno parte integrante degli infissi della porte le serrature metalliche, le maniglie, i paletti di sicurezza e i battenti.

È da sottolineare la prassi, comune a tutto il Mediterraneo, di utilizzare il latte di calce lungo il perimetro e il risvolto delle aperture con finalità igienico-sanitarie (in considerazione delle proprietà disinfettanti della calce). Sotto il profilo formale, ciò contribuisce ad aumentare il contrasto cromatico con l’infisso, ribadendo ulteriormente il carattere eccezionale attribuito alla bucatura, in una cultura costruttiva in cui prevale la massa muraria.

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Pagina creata il 07/06/2009, ultima modifica 11/07/2009

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